Sono passati cinquantasei giorni dall’incendio che il 29 agosto ha mandato in fumo diverse baracche del campo rom di via Cupa Perillo. Sessanta rom che hanno perso l’abitazione in quel rogo (doloso?) sono stati alloggiati fin dalla notte successiva nell’auditorium di Scampia. Gli altri sono stati fatti tornare al campo, nonostante le condizioni ambientali post-incendio fossero ancora più insalubri rispetto a quelle già in precedenza ritenute pericolose per la salute di chi ci abita. Eppure, da quasi due mesi centinaia di rom continuano a viverci, non avendo altro posto dove andare, mentre un’altra mezza dozzina di famiglie “soggiorna” nell’auditorium, potendo contare su una sola doccia, su brandine sistemate alla men peggio nelle sale e sul supporto nullo da parte del comune di Napoli.
Dovendo fare i conti con la propria incapacità di elaborare una soluzione a lungo termine, il Comune aveva manifestato l’intenzione di superare l’ennesima emergenza destinando, fino al termine del 2017, i rom all’interno della caserma Boscariello di Miano; in quei tre mesi lo stesso Comune avrebbe dovuto effettuare la bonifica dei terreni a via Cupa Perillo. Ne sono passati due, e alla Boscariello non è stata montata nemmeno una tenda. Allo stesso modo, la bonifica di Cupa Perillo non è nemmeno all’orizzonte.
I rom, invece, hanno continuato a dormire, mangiare, “vivere” all’interno di un teatro. I bambini sono stanchi e gli adulti preoccupati, anche perché il Comune, da qualche settimana, ha del tutto rinunciato a occuparsi di loro. Il 12 ottobre scorso, infatti, è terminato il contratto con cui palazzo San Giacomo affidava a due cooperative la gestione dell’emergenza: la prima per la mediazione e per la logistica della struttura, e la seconda per la fornitura dei pasti. Per quattro giorni, fino a martedì 17, di quest’ultimo aspetto si sono occupate le associazioni e gli enti religiosi della zona. Una delegazione degli stessi, è stata poi convocata dall’assessore Roberta Gaeta, che ha comunicato lo sganciamento del Comune da qualsiasi incombenza di gestione dell’emergenza, demandata all’opera caritatevole della rete di individui e gruppi del quartiere.
Prima di convocare i soggetti meno conflittivi di questa rete, l’assessore Gaeta ha chiamato a rapporto a palazzo San Giacomo, lo stesso giorno, anche i rom dell’auditorium. I rom sono stati redarguiti per non aver pulito a terra e per aver avuto dei comportamenti poco collaborativi con alcuni dei mediatori. Va ricordato che nei due mesi in questione, gli assistenti sociali del comune di Napoli si sono presentati all’auditorium ben una volta, e che gli addetti alla pulizia di Napoli Servizi si rifiutano fin dal primo giorno dell’emergenza di effettuare il loro lavoro. I rom hanno chiesto notizie riguardo la sistemazione provvisoria sostitutiva dell’auditorium, ma l’assessore non è stato in grado di dare risposte. Hanno chiesto se il Comune intendeva occuparsi almeno dei pasti. Anche in questo caso nessuna risposta.
Subito dopo, l’assessore ha incontrato rappresentanti del Centro Hurtado (Gesuiti di Scampia), della ludoteca Il giardino dai mille colori (suore della Provvidenza), della Parrocchia della Resurrezione di nostro Signore Gesù Cristo. Preso atto dell’incapacità da parte del Comune a ricoprire il proprio ruolo, la delegazione ha proposto di costruire una rete di carità che si occupasse del sostentamento delle famiglie rom dell’auditorium, a patto che il Comune formalizzasse per iscritto questo impegno. L’assessore Gaeta ha rifiutato di firmare una carta che avrebbe suggellato la cessione da parte di palazzo San Giacomo delle proprie prerogative e responsabilità a un gruppo di preti e attivisti. Non è stata altresì in grado di fornire garanzie di altro tipo a questi ultimi.
Il risultato è che da una settimana i rom dell’auditorium provvedono da soli al proprio sostentamento. Dormono, mangiano, “vivono” nel teatro. Ogni tanto qualche vigile urbano si affaccia a vedere come vanno le cose. All’esterno della struttura c’è scritto “Centro di accoglienza”, ma non ci sono assistenti sociali né servizio di refezione. La sera comincia a fare freddo e il tempo passa senza che né il sindaco né l’assessore sembrano preoccuparsi di trovare una soluzione. Nell’immediato, l’ipotesi della caserma Boscariello sembra tramontare, data l’esitazione a concedere le autorizzazioni da parte del ministero. La bonifica del campo di Cupa Perillo non è in calendario, e se anche lo fosse, non si capisce dove andrebbero a stare, nel frattempo, i rom che attualmente ci vivono. Sul lungo periodo, la giunta comunale, in continuità con le tre amministrazioni che l’hanno preceduta, non ha alcuna volontà politica di immaginare una sistemazione per i rom che vada oltre i campi spontanei, i villaggi-ghetto e le baracche, nonostante le ammonizioni delle istituzioni europee. Il sindaco, ieri, a ridosso di una visita al centro sociale milanese Leoncavallo, parlando non si è capito bene di cosa, ha scritto in un lungo post su Facebook che “la rivoluzione non si arresta” e che “nessun potere può fermare la lotta di un popolo per i suoi diritti”. (riccardo rosa)