«Presidente, sono quella stronza della Meloni».
Perché forse ti ho dato troppo amore
Bella stronza che sorridi di rancore.
(marco masini, bella stronza)
Mercoledì mattina gli sciacalli si sono dati appuntamento a Caivano per l’inaugurazione del nuovo complesso dedicato a Pino Daniele, piscina a cui il governo ha messo mano dopo gli eventi di cronaca nera che hanno coinvolto la cittadina tra Napoli e Caserta la scorsa estate (avevano avuto quindici anni per occuparsene, i governi vari; ma evidentemente il momento non era propizio, o il disastro non era sufficientemente visibile causa troppi pochi morti e stupri).
Ai proclami e alle rivendicazioni istituzionali ha rubato almeno in parte la scena la rancorosa Meloni, non per il suo millantato impegno antimafia, ma perché si è avvicinata al presidente della Regione De Luca per vendicarsi della “stronza” che gli aveva affibbiato il governatore quattro mesi fa, epiteto immortalato in un fuori onda che creò grande interesse.
«Ma interesse de che? Tutti dentro sta piscina co’ sti cosi de fori! Ma ‘n padre po’ ave’ ‘n fijo così, senza na casa, senza ‘na famiglia, con le pezze ar culo, ai semafori a chiede l’elemosina…». (mario brega, un sacco bello).
Poteva essere “rancore”, a questo punto, la parola della settimana, ma.
Ma De Luca, dopo essere rimasto un po’ di sasso (anche perché la Meloni è scappata velocemente per non farsi rispondere male, tipo quando da bambino ti corrodi il polpastrello a furia di far saltare in aria il citofono della signora Coppola e corri subito via), ha rilanciato, parlando della premier e sottintendendo la stronza – inteso come aggettivo, non come premier: «La Meloni ci teneva a comunicare la sua vera identità».
Per noi chiamare uno porco, se è un porco, non è volgarità, è proprietà di linguaggio. (antonio gramsci, i criteri della volgarità)
Difficile decidere con chi stare tra De Luca e Meloni. Più facile sapere con chi non stare (ri-citando una linea elaborata qualche settimana fa all’interno di questa rubrica). Prima che il dubbio diventi metodico ci pensa Ottavio Ragone, direttore di Repubblica Napoli, che tira fuori dal cilindro un articolo tanto vuoto quanto bacchettone sulla volgarità del linguaggio delle istituzioni, che sembra venire direttamente dal giornale dell’Azione Cattolica, 1952.
Da qualche tempo questo insulto così popolare nella variante maschile o femminile, di solito raccolto agli angoli delle strade, rimbalza invece con grande agilità ed enfasi dai vertici politici nazionali a quelli locali. (ottavio ragone, repubblica napoli)
Nell’occasione ho scoperto che esiste un filone di libri che si concentra sulla stronzaggine delle donne, tra l’altro in molteplici direzioni: donne che si vantano della loro stronzaggine o rimpiangono di non essere sufficientemente stronze, e uomini che le deprecano, ma in fondo ne sono affascinati. Naturalmente le accezioni date in questi casi al vocabolo tradiscono un fastidioso posizionamento per cui stronza è bello e per cui “si può essere sempre più stronze”, perlopiù con l’idea che l’obiettivo finale sia avere in pugno gli uomini.
La manutenzione della stronza. Come liberare la brutta persona che è in voi e vivere felici (di mary sarnataro – solferino editore)
Come diventare bella, ricca e stronza (di giulio cesare giacobbe – mondadori)
La donna perfetta è una stronza (di marie-aldine girard, anne e sophie girard – edizioni piemme)
La magnifica stronza. Perché gli uomini lasciano le brave ragazze (di sherry argov)
L’etimologia per fortuna ha connotazioni meno ambigue, dal longobardo strunz, ovvero “sterco”.
Strunz! Strunz ist zwei Jahre hier, hat gespielt zehn Spiel, ist immer verletzt. Was erlaube Strunz?! Letzte Jahre Meister geworden mit Hamann, eh…, Nerlinger. Strunz! Diese Spieler waren Spieler e war Meister geworden. Ist immer verletzt! Hat gespielet 25 Spiele in diese Mannschaft, in diese Verein. (giovanni trapattoni)
Leggendo qualche giornale più frivolo vengo a sapere che qualche giorno fa in Giappone c’era Ilary Blasi. E che mentre era in Giappone ha scavalcato una fila lasciando abbastanza di sasso gli educati indigeni e gli annoiati turisti, che rispettosamente aspettavano il proprio turno per scattare una foto con il cane Hachiko, simbolo della città. Solo che uno dei giapponesi era Ciccio Gamer89, influencer romano, che ha ripreso tutta la scena, questa volta senza l’aiuto dell’ufficio stampa della Meloni, e a ripostato il video sui social con commento laconico: «Ma che stronza…».
(riccardo rosa)
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