Ho vissuto molto sporadicamente la programmazione dell’Associazione Alessandro Scarlatti fino al 2016, attratto esclusivamente dagli appuntamenti dedicati al contemporaneo. Poi mi sono avvicinato alla continuità della loro proposta, educando l’ascolto al report di quanto ascoltato, tanta è la varietà dell’offerta da configurare una palestra di storia della musica.
Tommaso Rossi è il direttore artistico dell’Associazione. Ho avuto modo di ascoltarlo in diverse occasioni, in diversi contesti. Flautista onnivoro – attivo tanto nel barocco quanto nel contemporaneo – dalle spiccate doti improvvisative. Gli chiedo di come il musicista conviva con il direttore artistico.
«Certamente in maniera costruttiva anche se oggettivamente ci sono alcuni problemi: il primo è quello del tempo che entrambi i lavori necessitano e che, naturalmente, obbliga a una gestione dell’impegno non facile; l’altra questione è legata alla cura che bisogna mettere nel non sovrapporre i propri gusti di musicista e interprete a quelli del direttore artistico. Mi spiego: una stagione come quella dell’Associazione Scarlatti ha bisogno di varietà. Questo significa aprire verso nuove programmazioni ma anche consolidare e continuare a proporre il nocciolo del repertorio strumentale cameristico classico-romantico, di cui, per tradizione, l’associazione è la principale protagonista a Napoli da cento anni (nella stagione 2018-19 festeggeremo il centenario). Per me è una grande sfida quella di guardare contemporaneamente attraverso vari punti di vista, e cercare di interpretare le istanze di più porzioni di pubblico».
La relazione dell’associazione con la città, anche in rapporto al pubblico, diventa l’occasione per ripercorrere una frammento di cento anni di musica a Napoli. «L’Associazione Scarlatti è nata grazie all’impegno di Emilia Gubitosi nel 1918. Il nome fu suggerito da Salvatore Di Giacomo, all’epoca bibliotecario del Conservatorio. L’intento era quello di far rivivere il repertorio della musica antica italiana. Oggi questa idea sembra incredibilmente moderna, anche se in realtà Di Giacomo suggeriva di interessarsi specificamente al repertorio napoletano, che aveva studiato all’interno della Biblioteca dei Girolamini. Il primo concerto, nel 1919, fu dedicato all’esecuzione della Rappresentazione di Anima e di Corpo di Emilio de’ Cavalieri. In quegli anni l’Italia era protagonista di un recupero del suo passato musicale e fu importante per la Gubitosi il confronto con un grande interprete di quella riscoperta, come Giovanni Tebaldini. A quella prima fase seguì quasi subito una attenzione più intensa per il repertorio classico romantico e, attraverso varie fasi, si arrivò alla fondazione dell’Orchestra Scarlatti, il complesso cameristico poi passato alla RAI, che oggi guardiamo quasi come un miracolo in una città come Napoli, dove le occasioni per ascoltare il repertorio sinfonico sono molto ridotte. Quell’orchestra, diretta da Franco Caracciolo, percorse l’Europa, accompagnando i più grandi solisti, tra cui Benedetti Michelangeli.
La vita dell’associazione cambia a partire dagli anni Settanta quando, anche a causa dell’incendio della Sala Grande del Conservatorio, la sua attività si sposta nel quartiere Chiaia. Gli anni Settanta vedono il grande successo delle Settimane di musica d’Insieme a Villa Pignatelli, idea di Gianni Eminente e Salvatore Accardo che ha rappresentato il vero e proprio luogo di formazione per una intera generazione di ascoltatori. A partire dalla fine degli anni Ottanta l’associazione ha cominciato ad aprire sempre maggiori finestre verso il jazz e la musica antica, generi che ormai connotano tutte le principali stagioni concertistiche italiane. A partire dal 2010 è sempre più forte l’intento pedagogico, che si evidenzia attraverso progetti musicali nelle scuole, concerti dedicati agli studenti e i progetti ScarlattiLab (barocco, jazz, elettronica), che mirano a valorizzare i migliori studenti dei conservatori del Sud. Credo che questa attenzione al mondo della scuola e dei Conservatori possa essere la chiave dei prossimi anni: collocare l’associazione al centro di reti in cui la conoscenza della musica sia il fondamento su cui costruire il pubblico e i musicisti del futuro».
Grazie alla Scarlatti ho visto come la musica possa porsi in aperto dialogo con il pubblico, consapevole che la sua presenza sostenga la storicità dell’offerta. Anche a partire dal pubblico è possibile rileggere la storia della musica, cominciando dalle sue mode, e devo ammettere che mi sono affezionato a quello della Scarlatti, composto da uno zoccolo duro e tanti spettatori di matrice random.
«L’associazione cerca di rivolgersi a un pubblico differenziato. Lo sforzo è quello di stabilire connessioni tra diverse tipologie di pubblico e rappresentare un punto di riferimento per vari tipi di ascolto. La stagione in abbonamento è aperta ai giovani da un lato perché ha proposto concerti in cui si fondono generi ed esperienze musicali non necessariamente classiche (ricordo quest’anno i progetti di Michel Godard, Daniele Sepe con Micrologus, ViktoriaMullova sulla musica brasiliana, Marco Sannini con Javier Girotto, o Sentieri Selvaggi di Carlo Boccadoro) e dall’altro perché offre sconti e facilitazioni agli under trenta e agli under venticinque. Crediamo che questo tipo di offerta possa far conoscere a questo pubblico anche un repertorio più tradizionale, che ovviamente rimane un costante riferimento nell’attività dell’associazione. La sfida vera è di rendere il pubblico più trasversale possibile. In questo può aiutare anche la disseminazione dell’attività in più luoghi della città, come facciamo per La stagione del Barocco al centro storico o per il ciclo Miti di Musica, ospitato dal Museo Archeologico; ma anche attraverso la presentazione di libri e cd, o occasioni di riflessione sulla musica». (antonio mastrogiacomo)