Passare del tempo con Luciano Caldore prima di un suo concerto è uno spettacolo nello spettacolo. Caldore è uno di quelli che fa tutto da sé, nonostante abbia sempre attorno cinque-sei “fidatissimi” che si adoperano perché tutto vada per il meglio. Alla fine, però, tutto deve avere la sua approvazione. È stato lui a organizzare il montaggio di un video trasmesso prima dell’ingresso sul palco; sempre lui, venerdì sera, ad affinare la scaletta, scegliere i costumi di scena, salutare le decine di persone che noncuranti degli energumeni dello staff riuscivano a intrufolarsi nel backstage per fare una foto; ancora, ha caricato uno a uno i ballerini del corpo di ballo, e a lui è spettata l’ultima parola sulla sistemazione dell’acconciatura e dell’inconfondibile ciuffo biondo.
L’appuntamento è fissato per le 21, a Scampia, in piazza Giovanni Paolo II, là dove Luciano è nato e ha mosso i primi passi come cantante. Nessuno, però, in questi giorni può far finta di niente, e l’uccisione di Pasquale Romano, trentenne di Cardito, colpito a morte a Marianella per errore, mentre aspettava la fidanzata all’esterno del suo palazzo, è qualcosa per cui è necessario esporsi. Lo fa Luciano, che dedica il concerto organizzato a sostegno dell’associazione “Aperta/mente” (onlus che si occupa delle persone affette da autismo) anche a Pasquale, e lo fa la giunta dell’ottava municipalità, che arriva sul palco per rivolgere alla popolazione un messaggio ascoltato purtroppo già troppe volte. L’invito è «a resistere, a restare nelle piazze, a non aver paura e a rendere vivo il quartiere, non solo in serate come questa».
Il ritmo nella prima mezz’ora è serratissimo, e sotto il palco è tutto un urlare e battere le mani, mentre si susseguono i pezzi migliori del nuovo album e le hit storiche. Quando dalle casse escono le prime note di Pazzo d’amore, Cattiva, T’amo e t’amerò, è come tornare indietro in un passato nemmeno tanto lontano, in cui la voce di Caldore era l’unica capace, a Napoli, di far concorrenza a quella di D’Alessio.
L’occasione per la presentazione del nuovo disco, Stella sulla terra, coincide con il compimento del venticinquesimo anno di carriera di Caldore, iniziata a soli tredici anni, quando il futuro “ragazzo d’oro” vinse un concorso per baby talenti cantando una canzone di Massimo Ranieri. Da allora, la voce di Luciano è cambiata poco, e nonostante in alcuni pezzi si senta un po’ di differenza rispetto alle prime versioni, il timbro è ancora inconfondibile.
Il pubblico della serata è abbastanza vario. Tanti i giovanissimi, e poi i fan storici: i trentenni, gli adolescenti della fine degli anni Novanta, momento d’oro della carriera di Caldore. E ancora le famiglie. Tutti conoscono i successi, e non c’è nessuno che non canti a squarciagola Pazzo d’amore o Per un’ora d’amore. Una fusione abbastanza efficace tra classica neomelodica (in brani come Nun c’appiccecamme e A ‘cchiù bella sposa) e sonorità inedite per il repertorio di Caldore, viene fuori invece dall’ascolto dell’ultimo album. Ci sono pezzi come Dicitencelle vuje che ricordano i dischi del primo Tiziano Ferro, o altri come Perché sai fare l’amore – destinata a diventare una hit – e Restare (scritta con Tony Colombo) che lo stesso Luciano definisce «molto carica, e un po’ rockettara».
Oltre all’età media abbastanza bassa del pubblico, vi è anche quella del corpo ballo di Carmine Rullo, in gran parte proveniente dalla scuola “Passione Latina”. Con Carmine e la prima ballerina Luana (una vera scheggia impazzita, che monopolizza l’attenzione di tutti durante i balletti) ci sono infatti altri otto ragazzi under venticinque, di volta in volta vestiti in modalità burlesque o colorati come evidenziatori fosforescenti. «La scuola – racconta Luana – riesce a portare a lezione tantissimi bambini di Scampia, e questa è la nostra più grande soddisfazione». Stare dietro a un corpo di ballo del genere (“accelerato”, come canta Luciano in una delle sue canzoni), però, non è sempre facile. Il protagonista della serata tuttavia riesce a tenere botta, partecipando come ai vecchi tempi alle coreografie. Un’occasione per rifiatare sono le targhe consegnate agli ospiti: dagli autori come Enzo Caradonna (che aveva previsto una vittoria del Napoli sulla Juve per due a uno…) passando per i colleghi Nancy e Fabrizio Ferri, fino a personaggi e istituzioni del quartiere, a cominciare da uno degli allenatori della scuola calcio “Arci Scampia”.
La musica va avanti, e prima della fine del concerto, qualche ragazzino ai piedi del palco fa lo spiritoso. Luciano risponde in maniera decisa: «Io sono nato qua, e da qua non me ne vado. Se c’è qualcuno che se ne deve andare sei tu». Così, il protagonista della “tarantella” viene allontanato, e comincia a dimenarsi ai bordi della piazza, evidentemente toccato dall’affronto subito. Il concerto però continua («Calma piatta, è tutto ok!», ripete Luciano) e anzi il pubblico applaude la reazione decisa di Caldore, che si avvia a concludere la serata.
È quasi mezzanotte, e c’è tempo ancora per un bis di Stella sulla terra, con tanto di dedica «a tutti i bambini che soffrono di questa malattia, compreso mio figlio Kevin, a cui dedico quest’album e questa serata». Poi, mentre la gente invade il palco e i camerini per strappare ancora una foto e un autografo, la piazza comincia a svuotarsi. I carabinieri di guardia possono rilassarsi appoggiati alle camionette, mentre qualcuno di loro commenta la prestazione di Caldore. I ragazzi, in sella ai loro mezzi, ricominciano invece a girare su quei vialoni dove, forse, si annida una felicità che per ora faticano a trovare. (riccardo rosa)
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