L’ultimo, estenuante giorno. Ogni napoletano, alzandosi dal letto il 19 giugno del 2016, sapeva in cuor suo che quest’ultima domenica di campagna elettorale sarebbe stata anche l’inizio del de Magistris II, il secondo quinquennio da sindaco dell’ex pubblico ministero pronto a governare Napoli dopo aver sconfitto alle urne lo sfidante Lettieri. E difatti, senza sussulto o sorpresa alcuna, è andata così: con una percentuale di astensione altissima, ma con un consenso altrettanto netto registrato tra i (pochi) cittadini andati a votare, de Magistris è eletto sindaco di Napoli al termine di una giornata nervosa, elettrica, culminata in una festa che forse non è ancora finita.
La prima quindicina di queste ventiquattr’ore la racconta bene il web. “Fatelo per i vostri figli”, incitano ad andare a votare i sostenitori del primo cittadino arancione. “Non regaliamo la città alla camorra”, ammoniscono su Facebook quelli più in ansia, quando i dati sullo scarso numero di votanti si fanno preoccupanti. “Il momento giusto per cambiare è adesso”, si espongono anche i più insospettabili fino a pochi minuti prima della chiusura dei seggi. E poi ci sono le denunce, di ogni tipo. Pubbliche, sussurrate, gridate. Indignate, arrabbiate, trasversali. Si denunciano brogli e voti comprati; schede fotografate e aggressioni; schiaffi, calci, pugni e offese.
Da sinistra, i militanti dell’Ex Opg – che grazie al “controllo popolare del voto” sono assurti nell’immaginario di molti a una specie di reincarnazione degli “angeli del fango” – documentano la presenza davanti ai seggi di elementi poco raccomandabili, dalla minaccia facile e i volti di Mussolini tatuati sulle braccia. Dall’altro lato, Lettieri e company la vivono piuttosto male la storia del controllo e parlano a loro volta di pressioni e aggressioni subite dai ragazzi in divisa giallo-verde. A Pianura Marco Nonno arriva e minaccia l’invio di “venti camicie nere” al suo servizio per ripristinare l’ordine; in serata, il neo presidente movimentista della III municipalità denuncia un’aggressione; stesso aveva fatto Lettieri in precedenza, convocando addirittura una conferenza stampa e beccandosi una denuncia da de Magistris, essendo i due sfidanti obbligati al silenzio nelle ore precedenti al voto.
Mentre le notizie di questa grottesca bagarre sembrano destinate a durare in eterno, finalmente giungono le undici e i seggi si chiudono. Bastano pochissimi minuti a capire che la vittoria di de Magistris sarà schiacciante e infatti già alle undici e un quarto il suo comitato a Santa Brigida è pieno di una folla festante, in un tripudio di agende rosse, spritz arancioni e caschi gialli. I primi ad accorrere sono i fedelissimi, gli arancioni della prima ora e gli iscritti all’associazione DeMa. Le signore portano una fascia di cotone tra i capelli, e gli uomini sorridono soddisfatti. Poi arrivano in corteo quelli dell’Opg e i militanti del centro sociale Insurgencia, anche loro euforici, anche loro schierati a fianco del sindaco durante questa campagna elettorale. Col passare dei minuti la folla si rimpingua degli stati generali dei Verdi e dei Carc, di Possibile (la scissione di Civati dal Pd) e di Rifondazione Comunista, dei meridionalisti e dei sindacati di base, e poi attori, cantanti, genti dello spettacolo, artisti, musicisti, tutti vicini al primo cittadino e di lui orgogliosi per la vittoria schiacciante.
A quest’ora Lettieri già dorme. Al suo comitato si fanno vedere i vertici del centrodestra partenopeo, con le facce bianche come lenzuola. Si chiudono in una stanza, qualcuno prova a scherzare ma non è il caso. Nel giro di un anno hanno perso la regione e fallito la rincorsa al governo del capoluogo. Meno male che le province le hanno abolite. Mentre Lettieri è a casa, le giganti lettere di cartapesta nel suo comitato – quelle che nei manifesti compongono la parola “Stavota” – restano l’unico anti-stress per i pochi giornalisti che si attardano nelle sale di piazza Borsa. All’esterno, davanti a due furgoni della Rai, si riuniscono i fedelissimi di rango meno alto, forse desiderosi di ricevere l’onore delle armi. «Come è andata, allora?». «Male, male, male». Si vede in giro qualcuno dei Verdiniani, che al primo turno, comunque, stavano col Partito Democratico. Verso mezzanotte l’uomo monta sullo scooter e vola via, quasi rabbioso. Però dimentica di far salire la fidanzata ed è costretto a tornare indietro dopo un po’.
Prima di raggiungere i suoi tifosi a Santa Brigida, de Magistris fa un passaggio all’Hotel Mediterraneo, dove lo attende la stampa. L’immagine è quella di una porta che all’improvviso esplode, lasciando tracimare, da una sala colma di giornalisti, alcune giovani croniste che provano a lamentarsi delle spinte. Non sanno che a farsi largo è proprio il nuovo sindaco, che dopo aver rilasciato qualche dichiarazione comincia a correre, seguito a fatica dai reporter. De Magistris scende le scale, circondato dai suoi addetti stampa, poi gira l’angolo e si tuffa in strada sempre correndo, lì dove il suo popolo lo attende per abbracciarlo. I cronisti cercano di stargli dietro: alcuni provano a correre, altri camminano lesti nonostante la mole, urlando in cuffia per domandare la linea alla regia, sudando sul microfono, provando a mettere a posto la camicia che scopre i ventri accaldati. Dopo un fugace brindisi all’Agorà riparte la corsa e questa volta la folla si dirige verso palazzo San Giacomo. Sotto gli occhi un po’ sbigottiti dei vigili, ma in realtà con sorpresa di tutti, le porte del Municipio si aprono alla folla e il cortile si riempie di bandiere rosse e “Bella ciao”. Per circa mezz’ora i cori continueranno a rimbombare, interrotti solo da qualcuna delle solite arringhe del sindaco sulla rivoluzione e sulla “anomalia-Napoli”, che come un fortunato brand, adeguatamente generico e diretto, si presta a essere sfruttato fino all’osso in questa fase.
La festa va avanti in piazza Municipio, mentre i consiglieri rimasti “in sospeso” si godono l’ufficialità della propria elezione e i giornalisti si affannano per inviare gli ultimi pezzi alle redazioni on-line. Quelli più pigri, che non avevano voglia di correre dietro al sindaco, sono rimasti al Mediterraneo. A chi torna da palazzo San Giacomo chiedono lumi: «Ma è vero che aveva la maglia del Napoli?»; «Cantavano “Lettieri vattene al mare” o “Lettieri non ritornare?”»; «E i No-Global? C’erano anche i No-Global?». Poi, la telefonata al capo-cronista: «Ti sto mandando il secondo di colore. Mi raccomando passalo subito». Sono passate solo un paio d’ore, ma le celebrazioni sembrano rimandate a domani, in concomitanza col compleanno dell’uomo del giorno. La proclamazione è stata bruciante e la festa segue un andamento che inganna tutti. Proprio all’ultimo, quando sembra spegnersi, ecco che riparte un coro, si infiamma un assessore, uno staffista manda baci e il comitato si svuota ancora.
Potrebbe durare tutta la notte. Potrebbe durare altri cinque anni. (palanza e pazzaglia)
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