«Nun ce serve, nuje luccicamme normale!», ride una ragazza sulla trentina, declinando l’offerta del solito tubicino di plastica fluorescente da un euro, indispensabile per ogni concerto che si rispetti, assieme ai cuoricini-lampadina e le fascette con sopra il nome del cantante. Antonio, detto ‘O rom, che queste cianfrusaglie le vende, abbozza un sorriso come ne avrà fatti altri mille nel corso della serata, e vira in un’altra direzione per incalzare il prossimo acquirente. È piuttosto annoiato, e in verità anche gli affari sembrano non andare a gonfie vele, nonostante la Napoli popolare abbia chiamato l’adunata in zona ovest per quello che ha tutti gli elementi per essere l’evento dell’anno: il concerto di Tony Colombo all’Arena Flegrea.
La percezione di quanto sia importante la serata la dà la macchina organizzativa messa in moto per l’evento. La location scelta, con i suoi seimila posti, è la seconda arena per concerti del paese e la prima del sud Italia. Il palco è enorme, e decine di tecnici lavorano fin dalla mattina per sistemare ogni particolare. Il concerto è stato pubblicizzato con manifesti, volantini, locandine che hanno tappezzato la città e il web per almeno due mesi, e con qualche “sei per tre” piazzato nei punti strategici. Non che ce ne fosse bisogno, dal momento che Tony è, tra i cantanti neomelodici di nuova generazione (approssimativamente gli under trenta), il più amato in città, e senza ombra di dubbio il più capace. D’altronde fa musica da che aveva nove anni, più o meno quando Mario Merola gli consigliò di sostituire il nome Antonio con un più funzionale Tony, considerando che già allora, alla fine degli anni Novanta, il piccolo Colombo – che canta in napoletano ma è nato a Palermo – calcava i palcoscenici degli Stati Uniti deliziando gli emigranti italiani a New York, i loro figli e i figli dei loro figli.
All’inizio del concerto l’Arena è quasi piena. Il pubblico è eterogeneo: moltissime ragazzine, che urlano a squarciagola già ore prima del concerto; poi intere famiglie: per una volta mamme, papà, bimbe piccolissime e ragazzini un po’ più emancipati sono usciti di casa tutti insieme, e con lo stesso coinvolgimento parteciperanno al concerto; ancora, coppie di fidanzati, tantissime, che legano i ricordi dei loro giovani amori alle note di Sotto ‘e stelle o La donna che amo di più. Infine i tanti venditori che alla fine, complice la chiusura di un occhio da parte della sicurezza, sono riusciti a introdursi nell’arena nascondendo la mercanzia negli zaini, e adesso riescono a vendere un po’ di più e a portare a casa la giornata.
Il backstage del concerto è blindato. Per arrivare a salutare Antonio e scambiare qualche parola con lui bisogna superare cinque-sei controlli, o avere un amico influente che ti aiuta a passare. All’interno, in un camerino molto sobrio, Tony sembra tranquillissimo, e fa accomodare gli ospiti come se si trattasse di prendere un caffè nel salotto di casa. L’impressione è di avere davanti una macchina, un ragazzo ventiseienne che è già pronto per spiccare il volo verso altri lidi, sostenuto dalla sterminata schiera di fan napoletani, ma deciso a prendersi anche tutto il resto. «Non è presunzione, ma cinque anni fa mi dissi che dovevo “conquistare” Napoli. Ne sono serviti sei, uno in più, per fare questo grande concerto, ma più o meno con i tempi ci siamo», racconta con una dizione perfetta, evidentemente studiata ma esibita in maniera naturale. «Considerando che sono partito dalla Sicilia, possiamo dire che il sud è fatto, ora il mio obiettivo è Roma. Voglio un concerto all’Olimpico in due anni, anzi, so già che lo farò». Mentre parliamo, scortata dagli uomini dello staff, nel camerino arriva una imbolsita Alba Parietti, presentatrice della serata assieme a Cristiano Malgioglio. Saluti, baci, e poi via in sala trucco.
Sicuro di sé, professionale, maniacale nella preparazione, in questa fase della carriera Tony ricorda un po’ Gigi D’Alessio, almeno quello dei mesi precedenti la consacrazione a livello nazionale. Come D’Alessio, Tony suona il pianoforte (studiato al conservatorio), canta anche in italiano – soprattutto nell’ultimo album – e si circonda dei migliori “tecnici” (non solo manager, ma anche registi, organizzatori di eventi, musicisti) sulla piazza, tra cui qualcuno di quelli che a suo tempo aveva accompagnato proprio l’ascesa di D’Alessio verso Sanremo e l’Italia.
Quando mancano pochi minuti alle dieci il concerto ha inizio, aperto da due canzoni della giovanissima Mary Marino, quattordicenne dalla voce e dalla timidezza impressionanti. Mary è abbastanza nota, suo malgrado, alle cronache nazionali, da quando un articolo di Saviano alzò un polverone perché, nel corso di una trasmissione Rai in cui la ragazza cantava la canzone Lettera a papà, alla fine dell’esibizione la presentatrice invogliò Mary a scendere in platea per dare un bacio a suo padre, Gaetano, detto McKay, ucciso lo scorso agosto a Terracina durante un regolamento di conti post-faida tra Spagnoli e Di Lauro. A Napoli, però, Mary è molto più nota per le sue canzoni, pezzi per la maggior parte ballabili che strizzano l’occhio a ragazzini che Saviano forse nemmeno lo conoscono, e si emozionano ascoltandola quando canta da sola in apertura e quando duetta con Tony in Si te sbatte ‘o core. Dopo c’è spazio solo per la festa di Colombo, che rischia di essere rovinata da mezz’ora di diluvio universale. La pioggia, infatti, causa prima un fuggi fuggi generale e la sospensione del concerto, e poi una serie di inconvenienti tecnici all’impianto, creando nervosismo e imbarazzo, poi superato con la fine della pioggia.
Nelle due ore e più di musica Tony doma il palco (e i problemi tecnici) come un professionista navigato, perdendo le staffe solo a un certo punto, quando durante una canzone l’impianto dà forfait. «Scusatemi, ma quanno ce vo’ ce vo’», rimedia con eleganza alla fine del brano, e poi «L’uocchie sicche so’ peggio d’e schioppettate!». Se gli occhi secchi sono entrati in azione, comunque, non sono riusciti a rovinare la festa. Via, uno degli ultimi successi di Tony – il cui video è stato girato a Londra – viene accolto da un’ovazione, così come tutti i brani più vecchi, quelli che hanno legato il cantante al suo pubblico.
Le luci dei cellulari illuminano il pubblico sulle note di Core e core e La regina dei sogni, mentre hit come Volano i vestiti vengono accolte da un vero boato. Con la bagarre successiva al diluvio, tra l’altro, sono saltate le recinzioni che separavano i vari settori dell’arena, e le fan più accanite hanno guadagnato la zona vip per poter guardare il loro idolo da vicino. Così, durante i pezzi più movimentati, o quando Tony duetta con il bassista Masaniello riarrangiando alcune canzoni in versione reggae, le gradinate su cui ormai sono tutti in piedi diventano una pista da ballo. Nonostante qualche momento di panico, la serata finisce nel miglior modo possibile, tra i saluti finali e i baci alle fan, ancora una volta sule note di Vai.
Tutti sembrano contenti, anche chi sull’onda del nervosismo per l’acquazzone parlava di sospensione e rimborsi. I ragazzi e le ragazze che si sono incappucciati per non bagnarsi, invece, l’acqua sembrano non averla proprio sentita. Hanno partecipato al trionfo del loro idolo, e rientrando in macchina ancora un po’ infreddoliti non aspettano altro che inserire il cd di Colombo nello stereo. Per ricominciare a cantare quelle canzoni che significano per loro assai più di quanto la metà di città che si sforza per non prenderle sul serio non possa immaginare. (riccardo rosa)