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18 Settembre 2021

Zona Est Novanta #6. Un racconto a puntate

Monitor
(disegno di simone perazzone)

Vado a letto frastornato. L’idea per domani avrebbe dovuto essere quella di andare ai cancelli della Snia, beccare qualche lavoratore a fine turno e chiedergli informazioni su Sarnataro senior. Ma la vita non è solo quello che vuoi ma anche e soprattutto quello che devi. E quindi mi tocca sorbirmi Nicola l’elettrauto, dato che la Swing non ne vuol sapere di partire. E poi la posta, le bollette arretrate e il frigo vuoto da giorni.

Mi sveglio e mi accorgo di aver lasciato il cellulare acceso, un messaggio e una chiamata persa, numero sconosciuto. L’sms è una poesia di Pavese, finisce con “chiamami è importante”, capisco che è Monica perché solo una come lei può mandarmi un messaggio del genere per chiedere aiuto. Non la chiamo, ma mentre bevo mezzo litro di latte dal cartone tutto d’un fiato decido che prima di andare da Gennaro a tirar pugni su un sacco passerò per casa sua a vedere che stronzata ha da dirmi.

Monica è l’ultimo acquisto della nostra paranza, borghese decaduta con papà morto di crepacuore qualche anno fa. Passato a miglior vita il capo della Pirone Srl, i suoi figli, i fratelli di Monica, note narici esigenti, non ci avevano messo niente a pipparsi tutti i soldi di famiglia e a far chiudere l’attività. E ora tutta la banda viveva chissà come, cercando una soluzione per sbarcare il lunario.

Monica parla come un manuale di psicologia, d’altronde ha una certa dimestichezza con chaise longue e psicofarmaci. Sempre insoddisfatta e delusa dalla vita, avrà probabilmente accettato il consiglio dello strizzacervelli di turno di cambiare giro di amicizie ed è capitata tra noi. È una ragazza in gamba e sensibile, ma ha le sue fisse, come tutti. È laureata al Dams, si crede un’artista ma non ha idee sue, non legge per cercare di comprendere il mondo o per crearsi un’opinione propria, ma per ostentare presunta cultura ripetendo a pappagallo frasi di Fromm e Galimberti. Non durerà molto nel nostro gruppo, troverà presto un avvocato da sposare che possa permetterle lo stile di vita che più le si addice, fatto di vacanze esclusive a Stromboli e chiavate extra con chi le porta la spesa a casa. “Sabato in barca a vela e il lunedì al Leoncavallo”, cantano gli Afterhours.

Monica mi chiama ancora, proprio mentre sto per mettere in moto il Free. Mi dice che è il suo compleanno e che stasera ci vediamo al Botanys a San Giorgio: dai concerti Oi! e le partite in curva ai drink colorati e la musica stile Cafè del mar o altre merdate simili. Contenta lei, mi dico, e accetto l’invito, pensando soprattutto alle sue amiche e alle tardone che il giovedì se ne vanno a ballare al Botanys in cerca di carne un po’ più fresca della loro. Non mi sento in colpa di usarla, Monica. Lo fa anche lei con noi, cerca di entrare di sguincio in un palcoscenico, e noi cerchiamo di infilarci nelle mutande delle sue amiche. Scambio alla pari.

Il pomeriggio lo passo ingannando il tempo, alterno qualche cd original Jamaican ska a street punk made in Uk. Fatta sera mi preparo: Rifle chiari, maglioncino della Merc, monkey boots, un Harrighton G9 della Baracuta sfilato a un turista che sbagliò fermata della Vesuviana e si trovò a tana delle tigri senza un Naoto Date a difenderlo. Quando arrivo al locale trovo la paranza già bella cotta. Il buffet è ancora intatto, inappetenza chimica e cessi perennemente occupati, a intervalli regolari vedo gente strofinarsi il naso, questi bastardi ci stanno dando tutti dentro di destro e sinistro. Cerco tra la folla Monica per salutarla, la trovo, due baci sulle guance e le passo il regalo. È un cd degli Oasis, spero che le piaccia, la stronza lo mette a posto fra gli altri regali senza degnarsi di aprirlo né di ringraziarmi, sebbene né io né i fratelli Gallagher meritiamo questo trattamento: senza di loro, e in un certo senso senza di me, le scimmie che mi circondano non avrebbero mai conosciuto le Gazzelle Adidas e camminerebbero ancora con le Durango ai piedi. Prendo un prosecco, ed esco fuori per fumare.

«Ehi, skinhead, mi fai accendere?». È una ragazza sulla trentina, le passo l’accendino e si presenta, si chiama Gianna, inizia a parlarmi di cazzate, del fatto che siamo a novembre e fa ancora caldo, finché la zittisco e le chiedo se è un’amica della festeggiata. Gianna non ha nemmeno mai visto Monica, abita nel parco alle spalle del locale e viene tutti i giovedì a ballare al Botanys. Il giovedì, il giorno dei bocchini facili.

Faccio un paio di battute idiote per sondare il terreno, il prosecco è già finito, lei senza perder tempo mi invita a casa sua per verificare se gli astri, che mi davano per incontrare gente interessante quel giorno, avevano ragione. Sorrido a Gianna, rientro con una scusa nel locale per vedere chi può darmi dei preservativi. Becco Pekotozzo che mi passa tre Hatù e mi regala un pallino e un messicano. Non so se i doni euforizzanti potranno servirmi con Gianna, ma in ogni caso prendo e ringrazio.

Dopo nemmeno cinquanta metri io e Gianna imbocchiamo il viale che porta al parco. Cancello elettronico, siepi fresche di posatura, villino in stile Liberty, ascensore per arrivare al secondo piano. Gianna mi mette una mano sul culo portandomi a sé, e facendo segno con l’indice di fare silenzio inizia a baciarmi. L’ascensore apre le porte in automatico e noi senza staccarci arriviamo al suo appartamento, con lei che cammina all’indietro e porta le mani nella patta. Entriamo, i tre punti sono dietro l’angolo, ma proprio mentre le propongo una pippata sentiamo nel corridoio un qualche cavallo imbizzarrito che nitrisce e scalcia. Gianna esce dalla stanza di corsa e subito dopo, dal corridoio, lancia un grido alla Sting al top della forma. Esco di corsa e vedo un cane bellissimo, ora immobile, occhi sbarrati, ansimante, collassato per terra. Deve avere ingoiato la roba di Peko, che infatti nel pantalone arrotolato per terra non c’è più. Dico a Gianna di vestirsi e faccio lo stesso, esco di corsa a recuperare la Swing e dopo nemmeno dieci minuti arriviamo in una clinica-ricovero per animali a Portici. Consegniamo Rudy ai medici, raccontandogli cosa è successo. Loro ci guardano storto e spariscono dietro a un vetro, ma dopo mezz’ora vengono fuori dicendoci che è andato tutto liscio.

Tiro un sospiro di sollievo e mi lascio andare sulla sediolina scassata in sala d’attesa. Il cane è salvo, ma anche oggi si chiava domani. (gerardo picarelli)

__________

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