Nel Medioevo indicava ogni tipo di “corporazione” (dal latino universitas-atis: totalità, gruppo) ma dal dodicesimo secolo il vocabolo fu associato esclusivamente a quella degli scolari. Per la Treccani è “istituzione e struttura didattica e scientifica di ordine superiore, articolata in facoltà, corsi di laurea, dipartimenti e istituti […] che ha il compito di rilasciare titoli accademici e professionali (giuridicamente riconosciuti) a chi conclude positivamente i vari percorsi”.
C’è un bel libro di qualche anno fa di Giulio Palermo (qui si può scaricare gratis): L’università dei baroni. Centocinquant’anni di storia tra cooptazione, contestazione e mercificazione. Il libro traccia una storia del peggio dell’università italiana: dalla mancata defascistizzazione repubblicana al ruolo politico-parlamentare delle élite docenti e dirigenziali; dalle contestazioni (e le vittorie) del ‘68 e del ‘77 fino alla controriforma del 1980; dall’autonomia decisionale all’università azienda.
L’evoluzione degli obiettivi economici e sociali dell’università ha imposto la continua ricerca di nuovi equilibri nella ripartizione del potere. In questo processo, i potentati accademici hanno dialogato col re e con i ministri per ottenere un ruolo nel controllo del reclutamento, hanno giurato fedeltà al fascismo pur di conservare cattedre e prestigio (per assumere, alla sua caduta, le redini stesse dell’istituzione), hanno resistito alla contestazione studentesca che voleva esautorarli e hanno portato gli studenti in piazza come strumento di pressione sul ministro. In questo quadro complesso di trasformazioni economiche, sociali, politiche e culturali che si sono succedute nel tempo, nessuna politica è riuscita veramente a mettere in discussione il sistema della cooptazione come modo di riproduzione del sistema e delle sue relazioni di potere. […] Anche le forze sociali apparentemente più radicali hanno avuto scarso successo nella critica della cooptazione come strumento di riproduzione del sistema universitario e hanno finito, almeno in parte, per accontentarsi di ricevere alcuni privilegi particolari. (qui un saggio più breve dello stesso autore, sullo stesso tema, pubblicato da quaderni storici)
Svuotata di senso, alla costante ricerca di consenso, coacervo di sordide trame di palazzo, apripista per speculazioni nei processi di trasformazione urbana delle città, eppure l’università piace. Almeno così ci raccontano i numeri.
L’università torna ad attirare i giovani nel nostro paese, almeno dal punto di vista del numero delle matricole, che per l’anno accademico 2023/24 segnano un aumento del 3% rispetto all’anno precedente. […] Un indicatore incoraggiante, specie considerando che a livello europeo siamo al penultimo posto per numero di giovani laureati. (adnkronos, gennaio 2024)
L’Italia è maglia nera in Europa per occupazione dei laureati. Per quanto questo problema sia esacerbato al Sud, la situazione è lungi dall’essere idilliaca anche nel “virtuoso” Nord. (francesco ducci, politecnico di zurigo; quoradigest, 2021)
Che si laureino o meno, che i corsi e i docenti siano buoni o no, che le strutture siano sempre più isolate dalle reti sociali delle città che le ospitano, più universitari vuol dire comunque più cultura. C’è speranza, pertanto:
Vannacci, nuova vita da milionario. Il suo libro ha già venduto più di centomila copie (affari italiani.it)
Ascolti tv: chi ha vinto la gara tra Tali e quali show e C’è posta per te (fanpage.it)
Lo spettatore cinematografico. Solo il 10% degli italiani va regolarmente al cinema più di una volta al mese (openedition.org)
Difficile dire con chi stare (più facile dire con chi non stare) nella deprimente polemica, durata giorni, tra il rettore della Federico II Matteo Lorito e il procuratore Gratteri, che ormai è sui giornali più di De Giovanni e Osimhen messi insieme. Il primo ha invitato Geolier a parlare agli studenti dell’ateneo, argomentando la scelta con frasi opinabili tipo “la necessità di avvicinare le due Napoli” e “di aiutarci a entrare in un mondo impermeabile alla legalità”. Il secondo ha definito “assurdo” l’invito, con motivazioni altrettanto superficiali e classiste, tipo che “Geolier non può essere un modello” e che “l’università ha mollato”. Su quest’ultimo aspetto concordiamo (qui abbiamo accennato ad alcune cose interessanti sull’universo della Terza missione), ma probabilmente per ragioni altre rispetto a quelle del procuratore.
Ancora – come qualche settimana fa – a chi figlio e a chi figliastro, a chi scandali e a chi applausi:
Lo sport in accademia. Luciano Spalletti alla Federico II (unina.it)
La Federico II incontra The Jackall (unina.it)
Martedì 26 marzo si è svolto nell’aula magna della Federico II l’evento Giovani Sogni – Costruire il futuro tra Napoli e l’Europa. Un’occasione speciale che mette al centro le voci dei giovani di Napoli e dell’Europa. (ansa.it)
Dal programma dell’iniziativa, si possono apprezzare gli interventi di Pina Picierno (vice presidente del Parlamento europeo), New Martina (influencer e content creator), Aurora Leone e Simone Ruzzo (The Jackal), Clotilde Esposito (attrice di Mare Fuori), Antonio Orefice (attore di Mare Fuori) e altri. Assente Vito, che pure sa fare molto bene il giovane.
Dal faceto al serio, alcuni autori e letture interessanti, su vari aspetti connessi alla tematica:
– Militarizzazione dell’università
– Il modello universitario americano
– Militanza politica di base e ricerca accademica
– Dottorati, ricerca universitaria e lavoro precario
A febbraio del 1977 moltissime università erano state occupate dagli studenti per fermare la riforma Malfatti. Questa prevedeva l’introduzione di due livelli di laurea (cosa avvenuta poi nel 2007 con la riforma Berlinguer), l’aumento delle tasse di frequenza, l’abolizione degli appelli mensili. Il problema è che l’allora Pci, anche in nome del “compromesso storico” con la Dc, sosteneva il governo (guidato da Andreotti) attraverso l’astensione sulle leggi promulgate dall’esecutivo. Tra queste c’era la riforma Malfatti ma anche le misure antipopolari varate in nome della lotta all’inflazione: aumento delle tariffe di gas ed elettricità, della benzina, blocco di due anni degli aumenti salariali congelando il meccanismo della scala mobile. […] Il Pci e la Cgil stavano faticando sette camice per cercare di far ingoiare queste misure e tenere buoni gli operai. Il fatto che gli studenti fossero insorti contro il governo e criticassero duramente il Pci per il suo sostegno al governo rischiava di far saltare l’intero scenario di “pace sociale” e lo stesso clima di compromesso storico. Quindi quella protesta andava “normalizzata” con ogni mezzo. […] Il servizio d’ordine del Pci/Cgil fu travolto, il camion/palco del comizio devastato, Luciano Lama dovette uscire sotto scorta da un’altra porta dell’università. Il 19 febbraio il movimento “capitalizzò” politicamente la cacciata di Lama dall’università con un enorme corteo che sfilò a ridosso di quella manifestazione della Cgil a San Giovanni, ma andando a concludersi autonomamente in piazza Santa Croce. L’incantesimo era stato rotto. (sergio carro, contropiano)
E a un Dio fatti il culo, non credere mai.
(riccardo rosa)