Genera scalpore e indignazione il destino – da morto – di Davide Jovanovic, ventiduenne folgorato il 29 febbraio nel campo rom di Scampia, a cui per giorni il comune di Napoli non ha concesso una regolare sepoltura, perché non iscritto all’anagrafe cittadina. Davide era nato e vissuto a Napoli, ma era cittadino italiano da soli due anni. Non aveva mai avuto un documento, a causa del tristemente noto decreto Lupi (poi legge 80/2014) che all’articolo 5 prevede che chiunque occupi un immobile senza titolo non può chiedere la residenza né l’allacciamento a pubblici servizi. «L’abbiamo conosciuto nel 2006», spiegano le attiviste di Chi rom e chi no. «Viveva con la sua famiglia in una baracca poverissima sulla rotonda di Cupa Perillo, distrutta poi dall’incendio del 2017. Lo chiamavano Calimero, perché era piccolo, nero e sempre pieno di mocciolo. Dopo la morte di suo padre, quando lui era ancora un ragazzino, l’abbiamo visto sempre più di rado. […] Era un tipo solitario, sfortunato, ma molto amato. Ce ne siamo accorte, più che in altri momenti, alla veglia funebre al campo».
Il comune di Napoli avrebbe potuto tutelare i diritti di questo giovane cittadino appartenente alla propria comunità alla luce di un comma che deroga alla legge 80/2014 e assegna l’iscrizione anagrafica a cittadini socialmente “meritevoli di tutela”. Non l’ha fatto, nonostante le richieste.
Sull’assurdità dell’esclusione dal diritto all’anagrafe abbiamo scritto più volte (per esempio qui). Altre informazioni fondamentali sono reperibili in questo testo. Ciò che fa più rabbia, però, è che il paradosso della bara bianca di Davide bloccata fuori al cimitero di Poggioreale per giorni causi sdegno generale e spinga il Comune a intervenire per mettere una pezza alle sue responsabilità, mentre nessuno (o quasi) si preoccupa, né spende una parola per le condizioni inumane in cui vengono lasciati vivere e morire i rom a Scampia e in tutti i campi della città, nonché sul paradossale status giuridico di molti di loro, cittadini eppure non cittadini, privi dei più elementari diritti.
La vostra salma andava sì inumata
Ma seppellita nella spazzatura.
(totò, ‘a livella)
La parola “sepoltura” viene dal latino sepoltura, participio passato di sepelire. Il vocabolo fa riferimento tanto all’azione di deposizione del defunto che al luogo in cui si seppellisce qualcuno. Nella sua origine indoeuropea indicava i processi sia di inumazione che di cremazione (una pratica che sparì dall’aura semantica di questo vocabolo in epoca cristiana, per ovvi motivi).
Nel capolavoro di Nikos Kazantzakis, L’ultima tentazione (1953), durante la crocifissione Cristo cade, all’insaputa del lettore, in una sorta di catalessi. Si risveglia senza che chi legga capisca se il suo corpo è risorto o se la crocifissione non c’è mai stata. Col tempo Gesù accetta questa seconda ipotesi, si costruisce una famiglia, si concede ai peccati della carne, e rifiuta persino di ascoltare gli apostoli, che ormai decrepiti, vanno a visitarlo dopo aver diffuso la sua Parola per il mondo. Solo dopo il traumatico incontro con i vecchi compagni si rende conto di aver ceduto alla tentazione di Satana, chiede perdono ai dodici, e una volta fatto ciò si risveglia sulla croce, lì dove era rimasto tutto il tempo, a invocare il Signore, o quello che è di nuovo convinto essere tale. In questo appassionante ultimo capitolo del libro non compaiono mai il sepolcro né qualsiasi altro luogo di sepoltura, unico e inequivocabile confine tra il mondo terreno e il possibile Regno dei cieli.
Ho cominciato a lavorare con mio padre che avevo tredici anni. […] Fino a quando non sono stato assunto facevo una cosa che non potevo fare. Quando venivano l’assessore o l’ispettore del lavoro dovevo nascondermi e scappare per il cimitero, dietro alle tombe, perché là non ci potevo stare. […] Non ci stavano le celle frigorifere, allora se la salma era rimasta per più di quarantott’ore nel deposito era una tragedia, a cominciare dalla fuoriuscita di liquidi, che è una cosa bruttissima, e poi per la pulizia, che dovevi fare con le pompe, che non era nemmeno così approfondita. […] Ho tre figlie femmine e un maschio, che adesso si sta per laureare in architettura. (testimonianza di giovanni errico, seppellitore in pensione; intervista di r. rosa in: l. rossomando, napoli a piena voce. autoritratti metropolitani)
Sono i gruppi sociali dominanti a stabilire storicamente i parametri per cui un cadavere ha o non ha diritto a cremazione, inumazione e tumulazione. Da sempre (e probabilmente per sempre).
Lo studio di Invitalia fornisce una risposta alle preoccupazioni espresse dal governo sul rischio che la rimozione produca un impatto ambientale maggiore. Per Invitalia è preferibile non spostare i fanghi perché ciò produrrebbe più inquinamento. Tombare la colmata di Bagnoli consentirebbe di ridurre i tempi e abbattere i costi. (vera viola, il sole 24 ore)
La Polizia metropolitana, su disposizione della Procura di Napoli Nord, ha eseguito nel cimitero comunale di Caivano la rimozione e il sequestro di un altarino e di un’icona celebrativa che ritraevano il volto di due personaggi legati alla criminalità della zona. (internapoli.it)
Uomini, poiché all’ultimo minuto
non vi assalga il rimorso ormai tardivo
per non aver pietà giammai avuto
e non diventi rantolo il respiro:
sappiate che la morte vi sorveglia
gioir nei prati o fra i muri di calce,
come crescere il gran guarda il villano
finché non sia maturo per la falce.
(fabrizio de andré, corale)
(a cura di riccardo rosa)